giovedì 27 agosto 2015

"Nessuno è innocente" di Piergiorgio Pulixi

Il brano sotto riportato fa parte del racconto di Pulixi inserito nell'antologia "nessuno ci ridurrà al silenzio" (ed. Cento Autori) curata per noi da Maurizio de Giovanni. Inseriamo questo brano nel blog perché in questo racconto nasce un nuovo personaggio che l'autore poi ha sviluppato in altri racconti: il commissario Carla Rame. Di Piergiorgio Pulixi, uno scrittore in forte ascesa, sta per uscire un nuovo romanzo della "serie" dedicata alla banda di Biagio Mazzeo, che promette di essere ancora un noir bello ed intenso da togliere il fiato.

Di notte siamo tutti più deboli. I rimpianti, i ricordi, i rimorsi, la paura per il futuro, con il buio triplicano d’intensità. La luce li scaccia via, o sembra attenuarne la forza. Ma nella solitudine dell’oscurità non c’è nulla in grado di fermarli. Ti si schiantano addosso come una macchina fuori controllo, e tu lì, piantato in mezzo alla strada, impossibilitato a muovere un muscolo.
            Io la notte sono debolissima. Il mio appartamento è troppo silenzioso. Combattere con i miei pensieri, troppo arduo. Per questo mi sono fatta spostare al turno notturno. Per rimanere impegnata, pensare al lavoro e non ai miei casini. Scaccio i miei problemi con quelli degli altri. Per ora funziona. So che non è una soluzione e che sto rimandando il problema, ma per adesso va bene così. Finché Leonardo si deciderà finalmente a lasciare la moglie perlomeno e verrà a riscaldare il mio letto sette giorni su sette. O magari anche questa è solo una disperata illusione. Forse la più grande di tutte.

            Certe notti in commissariato sembrano non passare mai. Altre schizzano via veloci come un proiettile, ma alcune - come questa - non ne vogliono sapere di passare. Odio quand’è così, perché l’attesa e la noia mi fanno venire fame. So di non poter mangiare per via di questa cavolo di dieta singhiozzante che mi tiro dietro da anni ormai, così come so che per ingannare la fame mi getterò sui caffè della macchinetta, e quando smonterò ne avrò bevuti talmente tanti che di dormire se ne riparlerà la settimana prossima. È bastarda la noia. Quasi quanto quegli uomini che dicono di amarti ma non riescono a troncare con le mogli.
            Do un’occhiata all’orologio: le tre e mezza. Basta scartoffie e Norah Jones  in sottofondo. Mi metto il cappotto e prendo le chiavi della macchina. Basta ufficio. Ho voglia di scivolare sul litorale, rincorrendo il riflesso della luna sull’acqua, i finestrini aperti, e il borbottio del mare e il suo respiro fresco a riempire l’auto. A riempire me.
            «Galante?» dico al piantone.
            «Commissario?».
            «Senti, io esco. Faccio qualche giro, tengo cellulare e radio accesi ovviamente. Per qualsiasi cosa chiamami».
            «Ma… e chi rimane come supervisore?».
            «Podda. Sta dormendo nel suo ufficio».
            «Come sempre».
            «Eh, sì. Come sempre. E tu cosa stavi facendo?».
            «Un cazzo, dottoressa…».
            «Come sempre, no?».
            Galante sorride e mi accompagna fuori. «Mica possiamo tutti lavorare come macchine come fa lei, dottore’».
            «Lasciamo stare, guarda. A volte più che il poliziotto mi sembra di fare l’archivista… e quei bastardi della diurna che lasciano tutte le scartoffie a noi, prima o poi gliela farò pagare…».
            «Scartoffie a parte, nottata tranquilla, eh?».
            «Per ora…» rispondo.
            «Ma com’è che lei fa sempre le notti? Insonnia?».
            «Qualcosa del genere… Ci vediamo più tardi, ok?».
            «Ok. Buon giretto, dottore’».
            «Grazie».
            Faccio giusto in tempo ad accendere una sigaretta e togliere l’antifurto alla macchina che Galante mi richiama.
            «Dottoressa! Sparatoria in casa!».
            «Giusto quello che mi mancava…».
            Mi volto verso i gradini della questura. Due boccate alla cicca e la lascio cadere a terra. Salgo le scale di corsa e corro al telefono che Galante mi sta porgendo.
            «Sì?».
            «Commissario?» dice Madeddu un veterano della Mobile.
            «Sì, sono io».
            «Ascolti è meglio che venga qui. Abbiamo un grosso problema…».
            «Che genere di problema».
            «Possibile triplice omicidio…».
            Alla faccia della nottata tranquilla.
            «Cosa vuol dire possibile?».
            «I testimoni non ne sono sicuri…».
            «Ok, sto arrivando» taglio corto.
            «C’è dell’altro, dottore’».
            «Che c’è?».
            «L’assassino è ancora dentro la casa e ha in ostaggio due persone».
            «Merda…».
            «Già».
            Mi faccio dare l’indirizzo esatto e metto giù.
            «Problemi?» chiede Galante.
            «Già. Bisogna allertare i NOCS. Ci pensi tu? Mandali a quest’indirizzo e sveglia Podda. Io corro lì».
            «Stia attenta dottore’».
            «Dì a Podda di avvisare anche il pm di turno!».
            «Ok».
            Corro fuori, metto in moto e schizzo via dal parcheggio. Mentre volo verso la scena del crimine mi rendo conto di essermi dimenticata la pistola in ufficio.
            «Complimenti…» sospiro.
            Accendo la radio di servizio e faccio convergere quattro pantere sul luogo degli omicidi. Sono le tre e quarantotto, e da quattro minuti non è più una nottata tranquilla.

(continua ...)


Nessun commento:

Posta un commento